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PROCEDO SUL CAMMINO

Ultimi giorni indiani

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Già lo dicevo, sono iniziati i commiati. La cara Ramona è partita giorni fa, oggi sono partiti Alex e quindi Gunilla. Sabato parte Delphine, la signora francese che si è trasferita qui, conosciuta alla Swades Guest House. Anche se lei non gravitava attorno all'Ashram, abbiamo sviluppato un rapporto tranquillo, "uncomplicated", dove ognuna delle due condivide il proprio sentire e ascolta i feed back dell'altra. Così è stato anche oggi, piacevole, pacato nel nostro raccontarci, attento.
Delphine, di fronte alla condivisione delle cose assurde che possono accadere qui, mi raccontava del console francese che le spiegava quanto la perdita effettiva della ragione di molte persone, occidentali arrivati qui, fosse dovuta al fatto che non resistono all'impatto prodotto dall'India. Quindi, danno fuori di testa, e il consolato è costretto a rimandarli a casa...

Entrambe constatavamo di averlo potuto ben appurare!
Sia lo stress causato da tutto quanto, qui in India, e poi anche per gli occidentali "strani" con cui inevitabilmente ci è capitato di condividere il nostro quotidiano. Che all'inizio ti lasciano davvero molto perplessa: che sia io a richiamare roba del genere? cosa mai si muove in me per attirare cose di questo tipo? e via dicendo. Poi, settimane dopo, vieni a scoprire della loro effettiva follia, che ha destabilizzato tutti quanti e non solo te!

Mi ricordo nel primo mese e mezzo, quando infine sono arrivata alla Mother's House: piena di tedesche assurde. Anziane, imponenti, ossute, e brutte. Incredibilmente brutte. Mi dispiace dirlo, ma le guardavo mentre riempivano la casa con quei loro corpi da dinosaure sgraziate, e mi veniva in mente il dipinto di Picasso: Guernica. Ingombranti in tutti i sensi erano quelle donne. E io cercavo di scivolare via, chiedendomi Ma dove sono i miei amati tedeschi? un popolo con cui ho condiviso profondità interiori mai raggiunte con altri.
Ebbene i miei amati tedeschi, proprio come me, scivolavano via di fronte a quelle strane "valchirie" sfatte, e solo dopo, infine, ci siamo potuti incontrare, nell'intimità che ben ricordavo. Quando tutto quel movimento di gigantesse se n'è finalmente andato, liberandoci da quella loro inviasione. E tutti abbiamo tirato un sospiro di sollievo.

Appunto l'India muove tantissimo, e tu non puoi resisterle. Se lo fai ti tira matto. Devi invece fluire con tutto quello che ti tira fuori. Prima il brutto e poi il buono che inevitabilmente sa stimolare dentro. Ma dal brutto ci devi passare...

Verso le dodici sono quindi andata in Kosakadai Street a cercare la gioielleria che mi diceva Anna, per vedere di comprarle quello che mi ha chiesto. Al momento sono andata in tensione, perché 'sta via non si trovava. Google maps non è affidabile per Pondicherry. Ma infine, dopo vari giri strani, sono riuscita a localizzarla. Oggi ha un altro nome. Mi è venuto da sorridere. Sono tornata alle prime difficoltà incontrate qui, quando cercavo un qualcosa e non lo trovavo, perché si chiamava, o è chiamato in un altro modo, o perché al posto di essere dove era segnato, in realtà si trovava da altre parti.
Adesso la via si chiama Ambalathadayar Madam, una parallela di Nehru Street, proprio sull'angolo dove c'è il Tempio di Ganesha sulla Mission Street (ovvero Rue de la Cathédral). Nonostante il cambio di nome, alcuni negozi portano ancora segnato il vecchio indirizzo, altri il nuovo. C'è ben di che confondersi!

Su questa strada ho poi trovato un ristorante vegetariano che fino ad ora è il migliore dopo Cottage snack restaurant, collegato con l'Ashram, che sta sulla Ambour Salai - Kasim Street, che costeggia il canale, dove c'è il Bureau Central dell'Ashram.
Il Cottage sarebbe davvero il top, se non fosse che fa orari "strani". E' aperto dalle 7 e mezza fino alle 12. Quindi chiusura e riapertura alle 15.30 fino alle 18.45. Proprio perché non è un ristorante, ma una snack house. Se però vi capita di essere da queste parti ricordatelo: costa pochissimo (tutto ciò che è messo a disposzione dall'Ashram ha prezzi che rasentano il nulla puro!) ed è ottimissimo!

Chi invece desidera mangiare negli orari classici deve andare in un qualche ristorante. Di buoni qui vengono indicati i due Surguru, vegetarian restaurant, uno sulla Nehru Strett nella Ville Blanche, e l'altro sulla  Mission Street (Rue de la Cathédral). Dicono che quest'ultimo abbia un aspetto migliore e sia quindi più curato.
Obiettivamente qui in India non ho proprio trovato posti dove poter apprezzare l'atmosfera. Forse Le Café che sta sulla Promenade davanti al mare. Ma poi il servizio e i camerieri sono così sloppy, trasandati, che anche l'eventuale piacevolezza viene ridimensionata.
Invece il Veg Restaurant: Vasantha Bhavan, quello scoperto oggi sulla Kosakadai Street 75-77 (qui hanno tenuto il vecchio nome) mi è alquanto piaciuto. Un gradevole all'indiana, i ragazzi che servivano erano anche piacevoli (niente trasandatezza insomma) e il cibo abbastanza buono, come da Surguro, e con i prezzi simili.
Tanto per darvi un'idea un Thali del Sud India, quindi quei vassoi di metallo con su il classico riso, verdure, masala vari, salsine, e cose simili costa 40 rs. ovvero 60 centesimi.
Io che non volevo tutta quella roba, infine, mi sono presa un chapati con la salsina/zuppetta ed è costato sui 25 rs.

Il problema, spesso, in questi posti è che dopo essere riusciti a identificare quello che si potrebbe mangiare e finalmente fare l'ordinazione, ti senti in genere dire, No, questo non l'abbiamo, oppure C'è ma è senza (e ti dicono il nome della parte che manca)... ed è invece con (e ti dicono il nome della parte che sostituisce)...
Il che tu, che avevi identificato finalmente quel qualcosa di conosciuto da ordinare, ti ritrovi buttato nel mare di nomi e cibi ignoti, verso i quali non puoi deciderti. E intanto il cameriere è lì che ti guarda sollecitando "pazientemente" una tua risposta. What are you taking Madam? Cosa vuoi allora?
E cosa voglio... Non lo so più cosa voglio. Devo rimettermi a pensare e a tradurre i nomi per associarli alla memoria di cibi in un qualche modo già identificati.
La cosa può andare avanti per un po'.
Alla fine capitoli: Ok, what can I eat? Dimmi tu cosa mangiare!
Così ti suggeriscono qualcosa e tu accetti. A quel punto ti affidi a loro, sperando che vada bene. Intanto però, tutta presa da quelle scelte vitali, ti dimentichi di specificare che il tuo succo o il caffè o il tè o qualsiasi altra bevanda tu abbia ordinato, lo vuoi senza zucchero. Al tavolo lì seduta, attorniata da gente che mangia cose che appaiono appetitose, aspetti che ti portino il cibo, chiedendoti con una sottile apprensione, chissà cosa arriverà...
E' però sempre buono quello che poi ti portano. Con calma chiedo il nome, che me lo segno, e diventa un cibo in più, da aggiungere alla mia lista di composizioni assaggiate. Poi, soddisfatta, assaggio il succo e realizzo, con disgusto quasi, che è pieno di zucchero, e che mi ero dimenticata di dirlo, bello chiaro, a caratteri cubitali: PLEASE: NO SUGAR!!
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In una vita sempre in cambiamento come la mia, questo diario è un po' come il sottile filo di un aquilone, che altrimenti si perderebbe nel cielo... Ho ripreso qui i vari blog creati dal 2002 a oggi.

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